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Bambini e social, l’Italia interviene per prima

Dopo gli ultimi tragici accadimenti di Palermo dove una bambina di 10 anni ha perso la vita, partecipando a una stupida challenge su TikTok, tante famiglie sono fortemente preoccupate. Ne abbiamo parlato con Guido Scorza, membro della Autorità della privacy, relatore del provvedimento di blocco di TikTok in Italia. Oggi più che mai gli occhi sono puntati sui social e l’abuso che ne fanno i ragazzini. Cosa fare per difendere i nostri piccoli dalle insidie della rete?

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Guido Scorza, membro della Autorità della privacy, relatore del provvedimento di blocco di TikTok in Italia

Le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria causata dal covid ci hanno costretti in casa. A soffrirne sono soprattutto i giovani a cui viene negata la vita sociale. Conseguenza: in tanti tra didattica digitale, giochi online e intrattenimento social passano tante, troppe, ore connessi a Internet.

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TikTok è stato bloccato in Italia dal Garante della privacy

Difficile tenere la situazione sotto controllo anche servendosi degli strumenti di parental control che offrono le nuove tecnologie.

In occasione della Giornata della protezione dei dati che si è tenuta ieri 28 gennaio noi di italiani.it abbiamo sentito Guido Scorza, avvocato ed esperto di diritti nell’era digitale.

Doveva accadere un fatto così grave perché ci si accorgesse che i ragazzini passano troppo tempo connessi? Troppo tardi?

Non è mai troppo presto come per tutte le cose del web che sono entrate nelle nostre vite, facendo leva sulla semplicità dell’interfaccia e sull’usabilità.  Internet ci ha aperto un mondo che ci ha catturato. Ha un incredibile appeal su tutti, giovani inclusi. Intanto abbiamo iniziato a viverlo, a usare i servizi, a lasciarci tracciare e profilare. Soltanto in un secondo momento, e non soltanto per le questioni dei minori, abbiamo iniziato a guardare tutto con maggiore attenzione. E, di volta in volta, affrontato i problemi che emergevano. Guardando al passato è difficile identificare un momento che poteva essere quello giusto per un intervento. Se parliamo dell’accesso dei minori ai servizi online, di fatto la rete è nata così. Bisognava intervenire immediatamente? Forse. Speriamo che ora non sia troppo tardi.

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Sarà facile intervenire con misure drastiche su colossi come Facebook che vivono sulla profilazione degli utenti, specie i più giovani, cedendo i dati per pubblicità mirate?

Non sarà sicuramente facile. Di questo ne siamo quasi certi, altrimenti sarebbero già intervenuti visto che le avvisaglie dell’emergenza che stiamo vivendo ci sono da anni. E lo avrebbero fatto a prescindere da interventi e provvedimenti delle Autorità. Facile, quindi, non lo sarà. Il provvedimento che il Garante ha adottato nei confronti di TikTok ha anche il senso di non voler accettare che il web debba muoversi solo secondo le logiche del business e che certi interventi vadano fatti a prescindere dal ritorno economico. L’Autorità della privacy deve mettere al centro la persona sempre e comunque. Se i social assicurano d’avere “parchi privati” riservati ai tredicenni, devono anche garantire che restino tali magari anche evitare di trattare i dati di chi si ritiene sia più giovane di quell’età.

Quali le differenze tra l’azione del Garante in Italia rispetto al resto d’Europa?

Riguardo agli ultimi accadimenti, spero che non vi siano differenze di sostanza e di merito, ma solo di calendarizzazione degli interventi. Su questa vicenda complice l’emergenza dell’attualità, noi siamo arrivati un istante prima su un ragionamento comunque e fortunatamente aperto in tutta Europa. L’Italia, insieme a pochi altri Paesi europei, è la vera culla di quel diritto alla privacy che poi abbiamo esportato come diritto fondamentale della persona a cui noi teniamo in modo particolare. Scegliamo sempre la protezione dati come diritto fondamentale davanti al diritto di mercato. In questo forte radicamento – da Stefano Rodotà in poi – nel collocare la privacy tra i diritti fondamentali, ci riconosciamo una determinazione più forte rispetto che altrove. Poi l’importante è ritrovarsi in quei principi che stanno alla base delle nuove indicazioni dell’Unione europea contenute nel GDPR.

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