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[STORIE] La figura della nonna nei ricordi e negli scritti di Maria Grazia Paola


(@katia)
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Registrato: 6 anni fa
Post: 84
Topic starter  

La nonna dei tempi che furono, una figura che ritorna: sempre viva nella mente e negli scritti della poetessa Maria Grazia Paola. Da un testo della poetessa conflentese estrapoliamo infatti il brano che vi proponiamo.

La nonna dei dolci ricordi

“Vestita di pacchiana con la testa avvolta dal suo fazzoletto scuro. Indossava un grembiule (‘u fadale) con cui ella svolgeva molti compiti. Lo usava per soffiare il fuoco e far nascere fiamma, per trasportare frutta, verdura, patate appena raccolte. Per coprire il mio viso quando soffiava il vento nei campi, per depositarvi le uova quando andavamo a prenderle nel pollaio. Le piacevano molto le piantine di ortensie che sporgevano tra i pali delle siepi con i colori bellissimi e le innaffiava ogni giorno per farle durare il più possibile. Curava anche la pianta di alloro e una di olivo, ritenuti simbolo di pace e serenità.

Ertensie

Ogni quindici giorni preparava il pane che non mangiava da sola, ma lo condivideva con i suoi numerosi nipoti ed anche con famiglie povere che si accontentavano di poterlo assaggiare ogni tanto. Ne portava uno anche ad un mio zio che amava molto la meditazione e la natura. Suonava lo zufolo nelle notti stellate e rimaneva spesso nella tarda primavera e tutta l’estate a dormire fuori, in una capanna accanto al ruscello sotto il castagno. La nonna non era ostetrica, però venivano a prenderla quando era l’ora di qualche parto, nelle campagne vicine, perchè era esperta e non chiedeva di essere pagata. Inoltre le mamme portavano a lei i bambini quando avevano mal di pancia e, con i suoi miscugli di erba, riusciva a far passare il dolore.

Una donna d’altri tempi

Aveva due capre e così poteva preparare la zuppa col latte fresco e ogni settimana preparava il formaggio. Nel giorno della preparazione del formaggio si poteva mangiare l’impanata. Era una specie di zuppa composta da siero e residui di formaggio e di ricotta mischiati a pezzettini di pane indurito, fatto in casa, e il tutto si amalgamava nella pentola di rame. Era buonissima! Nella grande cucina c’era una cassa nera alta e lunga piena di grano dove la nonna conservava formaggio, uova, salame, per mantenersi freschi. In quei tempi il frigo non esisteva nelle campagne perchè non c’era la luce elettrica. La sera, dopo aver cenato, la nonna recitava, assieme al nonno il rosario. Dopo cominciava a filare la lana con fuso e conocchia oppure lavorava la calza con i ferri. La domenica andava a messa col suo vestito di pacchiana, indossava uno scialle (di seta pura, d’estate, e di lana nera d’inverno) che ricopriva anche la testa (lo chiamava ‘u mannile)“.

Fuso E Cunocchia 2

Amava molto la natura e passava ore a meditare sotto la pianta di castagno vicino casa. Credeva nel potere distruttivo dell’invidia e per questo non amava condividere le sue gioie. Alcune volte la nonna desiderava rimanere in silenzio un poco quasi come stesse in meditazione e mi diceva che bisognava sempre ascoltare l’angelo custode e cercare di obbedirgli.
Ricordo le favole che mi raccontava quando la domenica, a primavera, restavamo sedute nella panchetta di legno sotto al castagno. Una di queste la ricordo ancora e mi commuove, forse perché ella ci metteva tanto phatos nel raccontarla”.

Tratta da Sussurri del Reventino

 


   
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