La Pro loco di Fragagnano Aps nasce nel 1998. Esempio di grande operatività, è costituita da volontari che si attivano per la promozione e la valorizzazione del proprio territorio e del proprio paese, ubicato nella provincia di Taranto. La Pro loco di Fragagnano Aps svolge il suo operato nell’ambito di numerosi e variegati settori: turistico, culturale, sociale, enogastronomico, di preservazione e recupero di beni architettonici, di risorse ambientali, di recupero di tradizioni popolari e di mestieri artigianali (il cosiddetto patrimonio immateriale), con il fine, unico ed esclusivo, di promuovere e valorizzare il territorio di pertinenza. Abbiamo contattato la presidente Nunzia Digiacomo, che ci ha concesso questa interessante intervista.
Nunzia, quali tesori nasconde la Puglia?
«La Puglia è una terra meravigliosa che non ha nulla da invidiare a nessuno. L’offerta turistica che propone è vastissima e include delle vere e proprie perle da visitare assolutamente. Eppure, ci sono ancora alcuni piccoli grandi tesori meno noti, ma di straordinaria bellezza. Recentemente, a Fragagnano abbiamo ospitato l’iniziativa “Tesori nascosti di Puglia”. Ideata da Unpli Puglia Aps e patrocinata dalla Regione Puglia, ha aperto letteralmente le porte di un antico frantoio ipogeo, con annessa chiesetta rupestre, situato in Contrada Macchie e immerso nel contesto della macchia mediterranea.
Il sito è stato raccontato da una guida turistica abilitata e ha preso vita attraverso le attività che abbiamo organizzato. Abbiamo ricevuto visitatori provenienti da molte zone della Puglia e questo per noi è stato motivo di grande soddisfazione. Ma se ci guardiamo attorno, custodiamo tanti “tesori nascosti”, degni di essere riscoperti e valorizzati».
Il Rito dei Santi è probabilmente l’evento storico-culturale più importante di Fragagnano. Quali sono le sue origini?
«Le origini del Rito dei Santi sono da ricercare nei riti ancestrali delle società rurali, legati al ciclo di morte e rinascita della natura; nei Saturnali romani; nelle tavole che, durante il Medioevo, i signori feudali imbandivano per i poveri e, ancora, nella liturgia tramandata dai monaci basiliani. A essi vanno ad aggiungersi anche tradizioni delle comunità arbereshe che, nel giorno di San Giuseppe, celebravano l’Arcipurcim o festa dell’Arziburo. Un banchetto collettivo tra famiglie dello stesso ceppo e, delle comunità ebraiche che festeggiavano il Tubishevàt, il Capodanno degli alberi, con un pasto di quindici varietà di frutta.
Insomma, si tratta di un rito che si riallaccia a usi pagani, ma che conserva il valore di una tradizione che si perpetua da una generazione all’altra, testimoniandone il fascino di una festa che ha tutto il sapore di un risveglio dal torpore invernale. Quest’anno, i Santi sono stati impersonati dai membri del gruppo di lettura Ipazia della Biblioteca N.D. Elena Dell’Antoglietta. La regia del rito è stata affidata all’attore e regista grottagliese Alfredo Traversa, ideatore in Puglia del Teatro della Fede. Questa edizione la ricorderemo a lungo per la sua profonda carica emozionale».
Come avviene il rito?
«Per rappresentare il rito viene allestito una sorta di altare attorno al quale si dispongono i convenuti (da tre a tredici), in numero dispari, richiamando l’immagine dell’Ultima Cena. Dopo aver recitato una preghiera, i Santi danno inizio al pranzo. San Giuseppe siede a capotavola e ha il posto contrassegnato da un bastone fiorito, simbolo del miracolo grazie al quale fu prescelto per essere lo sposo di Maria. Alla sua destra, siede la Madonna; alla sua sinistra, Gesù Bambino e, poi, di seguito tutti gli altri. San Giuseppe dà il via al pranzo, battendo un colpo di bastone sul pavimento e scandisce l’alternarsi delle pietanze, per un totale di tredici sapori, battendo la forchetta sul bordo del suo piatto».
Quali piatti non possono mancare?
«Sulla mensa primeggiano i bucatini con la mollica di pane, la massa, i ceci, i fagioli e le fave, il baccalà, i carciofi, i cavolfiori fritti, le arance e “li cartiddati”. Immancabili: il pesce fritto e i lampascioni, le cipolline selvatiche tipiche della nostra cucina. Ognuna di queste pietanze è allusiva di arcaiche simbologie apotropaiche. Tuttavia, un posto di primo piano è riservato al pane che, diviso e consumato, è il simbolo della comunità, veicolo di comunicazione tra individui e di comunione con il divino».
Oltre alla festa in onore di San Giuseppe e al Rito dei Santi, quali altre tradizioni contribuite a mantenere vive?
«Sicuramente quelle legate agli antichi mestieri della civiltà contadina, al recupero e alla valorizzazione del nostro vernacolo; riguardano la musica popolare, i giochi di un tempo, le usanze e tutte quelle pratiche che possono essere tramandate/consegnate alle giovani generazioni».
Che importanza viene data alla cultura?
«La cultura è alla base dell’azione della nostra Pro loco, associazione che si occupa anche della gestione della Biblioteca comunale. La cultura è uno dei motori di crescita di una comunità, ma potrebbe rappresentare, soprattutto per comunità piccole come la nostra, anche un’ulteriore possibilità di sviluppo e di occupazione. Bisognerebbe, infatti, guardare alla cultura non come a un prodotto di nicchia, ma come a un volano in grado di fungere da piattaforma per un nuovo rinascimento che deve interessare anche le piccole realtà territoriali come Fragagnano».
Cosa spinge un volontario ad attivarsi per promuovere il proprio territorio?
«Un volontario che dedica il proprio tempo alla valorizzazione del proprio territorio è animato sicuramente dalla passione e dalla volontà di contribuire al miglioramento della qualità della vita di quel territorio. Fare volontariato è un’esperienza di vita e un’enorme occasione di arricchimento interiore. Concepisco il volontariato come una vocazione, qualcosa che si avverte dentro. Solo se si sente dentro di sé questa “chiamata”, si è disposti a fare dei sacrifici e a sottrarre del tempo alla propria vita personale per dedicarlo agli altri».
Come sarà l’estate 2023 a Fragagnano?
«Sarà un’estate nella quale non mancherà il nostro impegno di associazione nella promozione e organizzazione di eventi di varia natura. Siamo al lavoro anche per la prima edizione di un festival letterario, “Frag.menti book festival”, in collaborazione con la casa editrice umbra Bertoni, che si terrà il 4-5 e 6 agosto».
Che spazio occupano, nelle vostre iniziative, la gastronomia e i prodotti tipici locali?
«Il cibo racconta il territorio e la sua gente, oltre a essere un elemento di identificazione e di caratterizzazione. L’enogastronomia, pertanto, è diventata ormai una vera e propria forma di esperienza culturale che stimola il turista a venirci a trovare. È per questo che i nostri eventi prevedono anche lo spazio riservato ai prodotti tipici, le visite ai luoghi di produzione quali frantoi, aziende vitivinicole, panifici, caseifici; visite presso i produttori di miele, melograni. Insomma, una pluralità di esperienze in cui il coinvolgimento dei sensi è qualificante».